Tutto ciò che è blu
Performance di teatro danza
Una produzione Corpi Narranti (I), in coproduzione con Whatəver
Performance di teatro danza
Una produzione Corpi Narranti (I), in coproduzione con Whatəver
“Lentamente, mentre camminava, si rendeva conto che solo le cose blu attiravano la sua attenzione. Il blu indaco, il blu cobalto, il blu Capri, il blu Klein…Le interessavano soprattutto i blu più accesi, che, come lampioni d’inverno, si distinguevano nel buio e le affollavano l’immaginazione...”
“Tutto ciò che è blu”, prove luglio 2024
Tutto ciò che è blu è una performance di teatrodanza che, ispirandosi all’antica fiaba di Barbablù di Perrault e richiamando le radici storiche della sua origine, arriva ad una contemporaneità in cui le donne subiscono ancora atroci violenze, spesso per mano di chi dice di amarle. Partendo dal concetto di creatura e sviluppandosi attraverso un fil rouge che segue le tracce delle memorie del corpo e del trauma, questa performance esplora le radici di un’energia predatrice che è fisica, emotiva, culturale. Ogni essere umano contiene in sé un potenziale Barbablù a cui tagliare la barba.
Produzione: Corpi Narranti (IT), Whatəver (CH)
Con Zoe Notartomaso
Idea, coreografia, regia Angela Calia
assistenza alla coreografia Zoe Notartomaso
Elaborazione sonora e musicale Giuseppe Casamassima
Testi originali Angela Calia
Voci Angela Calia, Anaïs Lhérieau
Costumi Cecilia Tognetti
Durata: 45 minuti
La performance si colloca sulle linee del teatrodanza con elementi che arrivano dal mondo della performance, con un forte approccio visivo e con l’esplorazione di elementi sonori testuali. Alcuni di questi elementi derivano dalla fiaba originale, di Charles Perrault, che pare essere ispirata alla storia di un criminale francese del ‘400, tale Gilles de Rais, che uccideva bambini ma che, per ragioni di convenienza morale, è stata trasformata in una storia in cui vengono uccise le donne, le mogli, poiché “culturalmente più accettabile”. Ulteriori versioni della fiaba sulla stessa scia di quella di Perrault costituiscono il corpo di ricerca testuale e sonoro da cui emerge che ancora oggi la fiaba è raccontata a bambini e bambine con una notevole quantità di stereotipi di genere, senza che questi vengano contestualizzati, spiegati, modificati. Le interpretazioni più grossolane e moralistiche, sia dell’originale che delle versioni più recenti della fiaba, tendono ad associare alla curiosità della donna, che decide di aprire l’unica porta che Barbablù le ha impedito di aprire, la causa del suo rischio di morte: una sorta di vittimizzazione secondaria ante litteram.
La performance riscrive la fiaba di Barbablù, partendo dai codici del corpo e dalle sue percezioni e memorie e vuole essere un’esplorazione dell’energia predatrice: gli occhi, il cuore, la pelle, i muscoli, le viscere sanno tutto di questa energia. Sanno scrutarla, odorarla, sentirne il brivido sulla pelle dritta, incarnarla. Sanno prevenirla, eppure, talvolta, si lasciano ingannare da un intuito offuscato o represso, paralizzando le difese anziché muoversi verso la fuga. Riconoscere la specifica energia della predazione, della violenza, dell’imprigionare la libertà, in questo caso femminile, è il primo passo verso la liberazione. Questa energia ci appartiene culturalmente, come un lato ombra della psiche con cui prima o poi si deve fare i conti, e permea le relazioni sociali e talvolta le relazioni d’amore: “la violenza non è amore ma l’amore c’entra” dice la storica femminista Lea Melandri, intendendo come l’educazione culturale e sentimentale ricevuta, di tipo patriarcale, è alla base di quello che lei definisce “il fattore molesto della civiltà”.
“Tutto ciò che è blu”, primo studio nel contesto della rassegna InVisibili Segni, immagini e danza sulla violenza di genere, 30 novembre 2024
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